Come siamo diventati il paese dell’acqua… 130 anni di storia poco conosciuta
Vincenzo Gerbi
E’dal 1 luglio 1890 che l’acqua scorre regolarmente da Cantarana verso Asti per alimentare il bisogno di acqua potabile della città ora capoluogo della nostra provincia. Il campo sorgentifero della Bonoma, ma più in generale la Valle Maggiore e le valli collaterali sono da allora diventati una delle risorse idriche più importanti del Piemonte. Da qui partono, alla volta di Asti, ma anche dei comuni a sud di Asti, circa 500 litri di acqua ogni secondo, un volume impressionante, una risorsa importantissima da tutelare e valorizzare, come il territorio su cui abbiamo la fortuna di vivere. I campi sorgentiferi sono infatti considerabili vere e proprie riserve naturali di cui avere la massima cura dal punto di vista ambientale e urbanistico, per non compromettere la disponibilità della risorsa e lasciare intatto il patrimonio alle generazioni future. Tutti abbiamo capito che la disponibilità di acqua è una risorsa strategica, per la quale si combattono nel mondo guerre durissime, che possono cambiare il destino di intere popolazioni. Noi siamo fortunati, ma culturalmente fragili, e spesso non ci rendiamo conto di quanto sia importante tutelare e controllare la politica delle risorse idriche. Per farlo ci vuole impegno ed un po' di conoscenza del sistema idrico, che è poco diffusa. Anche le popolazioni che vivono su questo particolare e unico territorio spesso non hanno una piena consapevolezza di quello che sta sotto i loro piedi e della responsabilità di custodi del territorio che è in capo a ciascuno di noi.
Per conoscere la realtà bisogna sempre partire dalla storia e quindi ci è parso utile raccontare, sinteticamente, le vicende che hanno portato alla costruzione del primo acquedotto della città di Asti. Nelle prossime puntate faremo il punto sulla situazione attuale e sulle prospettive future.
I primi tentativi di approvvigionamento di acqua potabile per la Città di Asti risalivano al 1861 quando fu proposto al Municipio di eseguire in Valmanera i lavori necessari per condurre acqua sino all’allora Piazza d’Armi (ora Piazza Alfieri), ma la scarsità d’acqua trovata, la spesa valutata ingente e le opposizioni sorte da parte di alcuni proprietari terrieri della valle fecero si che la proposta non avesse seguito. Altre proposte riguardarono l’approvvigionamento idrico della città, tra cui una derivazione dal cuneese e l’uso dell’acqua del Tanaro.
Nel 1876 si iniziò a vagliare la possibilità di derivare una quantità d’acqua sufficiente per l’intero approvvigionamento della città nella zona prossima alla stazione ferroviaria di Villafranca – Cantarana, nell’area di confluenza del Rio Maggiore di Cantarana con il Rio Triversa. Nell’estate del 1876 si intrapresero alcune prove di captazione. I risultati confermarono le previsioni su quantità e pressione dell’acqua, mentre, per quanto concerne la qualità si dovette constatare che l’acqua conteneva leggere quantità di acido solfidrico ed il progetto fu abbandonato.
In quell’occasione si venne a conoscenza dell’esistenza di una fontana, detta Bonoma, situata in Valle Maggiore di Cantarana a pochi chilometri dalla Stazione di Villafranca. Detta fontana venne visitata dai rappresentanti della Città di Asti e sottoposta ad analisi chimica alla Stazione Enologica di Asti. Nel dicembre 1877 venne dettagliato il risultato delle analisi, da cui si poteva rilevare l’acqua come chimicamente definibile potabile.
Nel dicembre del 1885 fu nominata una commissione con l’incarico di studiare i diversi progetti.
La commissione incaricò il dott. Pagliani, professore d’igiene all’Università di Torino che, dopo una serie di analisi chimiche e batteriologiche, sottolineò i problemi derivanti dall’acqua del Tanaro, mentre promuoveva l’acqua della fontana Bonoma e indicava di “proporre e raccomandare la scelta di quest’acqua per l’approvvigionamento della Città di Asti perché, per le sue qualità fisiche, chimiche e biologiche risponde molto bene alle esigenze igieniche della popolazione”.
Il lavoro della commissione fu approvato dal Consiglio comunale della Città di Asti nella seduta del 31 gennaio 1887. L’amministrazione comunale stipulò quindi un compromesso con la Cassa di Risparmio di Verona (proprietaria della fontana Bonoma) per l’acquisto della fontana e di quattro giornate di terreno circostante.
Nell’aprile 1887 il Comune approvò il capitolato d’appalto. Nel maggio dello stesso anno fu emanato l’avviso su base d’asta di ventimila lire. L’asta ebbe luogo il 26 luglio 1887. La concessione fu affidata al Marchese ing. Luigi Medici che si assunse l’obbligo “a tutte sue spese, rischio e pericolo per sé e suoi eredi e successori, l’obbligo di costruire ed esercitare per anni novanta una condotta d’acqua potabile con canale coperto, dalle sorgenti così dette della Bonoma, in Comune di Cantarana, sino all’interno della Città di Asti …”.
Con lettera data 9 febbraio 1888 l’Ing. Luigi Medici invia al sindaco della Città di Asti il progetto di esecuzione dell’acquedotto.
La condotta presenta uno sviluppo di 18.723,39 metri. La tubazione tiene conto delle diverse altezze di pressione ed è progettata parte in cemento e parte in ghisa.
Il serbatoio di distribuzione in regione Castello è a 150 metri sul livello del mare, capace di 500 mc ed è diviso in due camere indipendenti allo scopo di non interrompere la distribuzione in caso di riparazioni e di lavaggi.
Compiuti i lavori, la condotta con la distribuzione dell’acqua in città venne attivata sin dal giugno del 1890 (la data ufficiale dell’entrata in esercizio dell’acquedotto 1 luglio 1890). Un tempo incredibilmente breve se si pensa ai mezzi di scavo di cui si disponeva all’epoca.
La crescita della città rese in pochi anni insufficiente la coraggiosa opera idraulica realizzata dall’ing. Medici. Il Comune chiese a più riprese al gestore di aumentare l’erogazione, ma questi rispondeva di rispettare pienamente il contratto e non poteva fare di più. Nel frattempo essendo l’ing. Luigi Medici deceduto nel 1915 la responsabilità dell’esercizio dell’acquedotto passò agli eredi. Il Comune decise quindi di avvalersi di una legge del 1903 e provvedere al riscatto dell’acquedotto. Fu una trattativa lunga e complessa conclusa il 1 novembre 1927 e l’accordo fu trovato alla somma di lire 1.500.000. Per pagarla il Comune accese un mutuo presso la locale Cassa di risparmio al tasso del 6%.
Finiva così l’epoca “privata” dell’acquedotto e l’opera faceva il suo ingresso tra i beni comunali.
In quasi 95 anni da quella data l’acquedotto ha avuto significativi potenziamenti.
Nel 1935 venne così realizzata la condotta denominata “Mussa”, dal nome del progettista, che garantiva l’adduzione di una portata verso Asti di altri 54 litri al secondo.
Negli anni 1955/1971 furono realizzate su progetto dell’ing. Colosimo nuove importanti opere di potenziamento. E’ di quegli anni la realizzazione del serbatoio di via Conte Verde (costruito tra il 1955 e 1958 e da poco tempo trasformato in “torre” per civili abitazioni), di una nuova condotta (denominata appunto “Colosimo”) del diametro di cm. 50, nonché di nuovi pozzi in Cantarana.
Nonostante i lavori di potenziamento e miglioramento degli impianti, la dotazione idrica non risultava ancora sufficiente ai fabbisogni della popolazione ed anche la falda ormai utilizzata in modo intensivo (nel frattempo erano stati attivati, sempre in Valle Maggiore, anche i pozzi della Valtiglione) iniziava ad evidenziare i suoi limiti.
Negli Anni ’80 si iniziò a realizzare un sistema di telecontrollo degli impianti. E’ del 1989 la realizzazione del potabilizzatore (poi potenziato nel Duemila) al fine di diminuire nell’acqua la presenza di ferro e manganese (era dell’anno prima la norma che abbassava tali limiti per le acque potabili). Gli ultimi significativi interventi sono stati ultimati nel 2010: nuovo serbatoio acqua trattata di 8.000 mc in Cantarana e nuovo serbatoio di carico per la rete alta della città, di 4.000 mc, in zona Viatosto.
Siamo arrivati così a metà degli anni ’80, un periodo di cui molti lettori hanno memoria. Due grandi acquedotti pescano acqua in Valle Maggiore, per un volume di acqua vicino ai 500 litri al secondo, la falda si abbassa inesorabilmente anche di oltre 10 metri all’anno, i nuovi pozzi arrivano a 140 di profondità, ma a Cantarana almeno cento famiglie della parte bassa, che hanno sempre contato sui loro pozzi artesiani, sono senza acqua e la parte collinare è servita da un acquedotto privato con pozzi in Ferrere, sottodimensionato e quindi non espandibile. Una situazione insostenibile, che generò, dopo quasi un secolo un moto di ribellione a questa incredibile situazione ed un impegno forte dell’amministrazione per porvi velocemente rimedio.
Nella prima parte di questo racconto abbiamo ricordato che la disponibilità di acqua è una risorsa strategica, dalla quale dipende la possibilità di permanenza e sviluppo di intere popolazioni. Come già ricordato noi siamo fortunati, ma spesso non abbiamo una piena consapevolezza di quello che sta sotto i nostri piedi e della responsabilità di custodi del territorio che è in capo a ciascuno di noi.
Abbiamo anche raccontato la storia dell’acquedotto dalla sua nascita (1887) fino alla metà degli anni ’80 del ‘900, momento in cui inizio un reale coinvolgimento anche del nostro territorio, fino ad allora per nulla considerato nei piani della città di Asti.
In quel momento molte famiglie (92) di Cantarana disponevano solo di acqua ricavata da pozzi artesiani, che però a causa del sovrasfruttamento della falda, si stavano man mano prosciugando o davano problemi di insabbiamento. La rete acquedottistica di Villafranca e Cantarana era gestita dalla Società Acque Potabili di Torino, che l’aveva da tempo rilevata da un acquedotto privato, alimentato da un unico pozzo situato poco distante dalla Bonoma, ma già in comune di Ferrere, località Daghina. L’estensione di questa rete idrica alle famiglie di Cantarana non collegate presentava difficoltà per la vetustà della rete esistente e il sottodimensionamento delle tubazioni. Inoltre i costi di allacciamento richiesti erano esorbitanti rispetto al reddito medio degli interessati.
L’occasione per affrontare il complicato problema venne dagli interventi che l’acquedotto di Asti aveva programmato (con i fondi FIO 1986), per realizzare una nuova condotta per il conferimento dell’acqua da Cantarana ad Asti, una condotta in ghisa, del diametro di 80 cm, per la cui posa si annunciavano imponenti lavori di scavo nell’abitato di Cantarana. L’amministrazione del nostro comune si mosse questa volta con anticipo ed ottenne, come compensazione per i pesanti disagi, la realizzazione di due stazioni di pompaggio collegate alla nuova conduttura, una nel concentrico e una in località Serralunga, con le relative reti di distribuzione, che furono, nell’occasione, collegate con la rete di distribuzione esistente e date in gestione alla Società Acque Potabili di Torino, già operante sul territorio comunale. Si compiva così un primo passo verso una razionalizzazione della rete, ma maturò anche la convinzione che fosse necessario un maggiore impegno per influire sulle decisioni che riguardavano lo sfruttamento della falda della Valle Maggiore, su cui insistono le prese di captazione di due grandi acquedotti (Asti e Valtiglione) e di tre più piccoli (San Damiano, Tigliole, Cantarana e Villafranca).
L’avvento della legge Galli (5 gennaio 1994, n. 36) che conteneva le nuove disposizioni in materia di risorse idriche, aprì la strada all’istituzione della autorità d’ambito (ATO) per il servizio idrico integrato. Nel nostro territorio l’ATO fu istituita nel 1998, il territorio fu diviso in aree di competenza con un proprio rappresentante e fu una autentica opportunità per chiedere maggiore attenzione allo sfruttamento e alla razionalizzazione delle risorse idriche. La critica situazione della falda acquifera della Valmaggiore, oggetto di sovrasfruttamento e con un abbassamento del livello che era giunto a circa 2 metri/anno, fu portata all’attenzione dell’Autorità d’Ambito, che si fece carico del problema ed iniziò un prezioso lavoro di progettazione di possibili soluzioni e ricerca dei finanziamenti. L’impegno portò, nel 2012, ad un collegamento dell’acquedotto di Asti e della Valtiglione con l’Acquedotto del Monferrato, operato con una lunga tubazione che dai pozzi di Saluggia porta acqua fino alla periferia di Asti. L’opera, costata, 18 milioni di €, porta attualmente 110 litri/secondo nel sistema, alleviando di altrettanto il prelievo in Valle Maggiore.
Altra opera minore, ma molto importante per Villafranca e Cantarana, è stato il convogliamento del pozzo della Daghina verso il potente depuratore della Città di Asti (Bonoma di Cantarana) dove l’acqua viene privata degli eccessi di ferro e manganese e restituita alla rete locale, evitando i depositi rossastri che caratterizzavano l’acqua distribuita nei nostri paesi prima di questo intervento.
Nel frattempo si è anche stati in grado di chiudere con anticipo sulla scadenza il contratto con la Società Acque Potabili, facendo confluire la gestione di ben 18 comuni nel sistema gestionale dell’Acquedotto della Piana, agevolando anche l’assorbimento del personale che operava in zona nella nuova società.
Con questo importante pacchetto di opere si è trovato indubbiamente un punto di equilibrio che ha dato tranquillità ed efficienza al sistema idrico locale, ma molte altre sfide ci aspettano perché occorre raggiungere ancora due obiettivi fondamentali: trovare nuove fonti per dare sicurezza di approvvigionamento anche alle generazioni future e razionalizzare ulteriormente la gestione del sistema idrico integrato, creando, in attuazione della norma istitutiva, un gestore unico per tutto l’ambito territoriale, che nel frattempo , dal 2018, si chiama EGATO 5 Astigiano Monferrato.
Per perseguire il primo obiettivo sono stati intrapresi studi sulla consistenza delle falde del territorio, affidati al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, durati ormai oltre cinque anni e che hanno indicato in un’area del Comune di Villafranca (località Sabbioni) un possibile luogo in cui posizionare uno o più pozzi di captazione. Le prime prove di trivellazione hanno dato risultati lusinghieri, che dovranno essere confermati con l’esecuzione di un pozzo pilota per la misurazione della effettiva utilizzabilità della falda. La speranza è di riuscire a fare, nel giro di un anno, il pozzo pilota, destinando l’acqua ricavata alla razionalizzazione della rete locale di Villafranca, ancora parzialmente non collegata alla rete principale. Naturalmente i tempi per la realizzazione del pozzo e il suo collegamento alla rete dipenderanno anche dall’entità delle risorse che si riusciranno a reperire, ma il problema è solo economico, quindi risolvibile con un po' di fortuna e una buona dose di impegno.
Più complessa è la parte immateriale, cioè la costituzione del gestore unico d’ambito, che sostituisca gli attuali quattro gestori titolari che servono l’EGATO 5 (Acquedotto della Piana, ASP per la Città di Asti, Acquedotto Valtiglione, Acquedotto del Monferrato) con una concessione che durerà fino al 2030. Tre di questi gestori sono totalmente pubblici, mentre ASP è al 55% della Città di Asti e al 45% di azionariato privato, controllato da IREN. Allo scadere delle concessioni la gestione dovrà essere messa a gara ed è molto probabile che gli attuali gestori pubblici non siano in grado di concorrere per la concessione, aprendo la strada alla privatizzazione della gestione. La normativa attuale offre però ancora una speranza ai gestori pubblici: costituire un gestore unico, per fusione o per formazione di un consorzio, al quale l’Autorità d’Ambito potrebbe concedere un allungamento della concessione, condizionata alla realizzazione di un piano di investimenti, fino al 2040. Questa soluzione è fortemente sostenuta dal sottoscritto, attualmente presidente dell’EGATO5, e da tutti coloro che hanno a cuore la gestione pubblica dell’acqua, ma le difficoltà non sono poche, dati gli interessi in campo.
I passi in avanti in questi quasi trent’anni di lavoro sono stati molti, ma l’impegno deve continuare per arrivare in fretta ad una tranquillità definitiva per il sistema idrico astigiano.
Foto 1 - La terebrazione di un pozzo a Cantarana (probabile 1935). Per gentile concessione della signora Delfina Sansalvadore Caldera
Foto 2: Il monumento di piazza Medici ad Asti, realizzato 1908 dallo scultore Materno Giribaldi, per ricordare la realizzazione dell’
acquedotto nel 1890: rappresenta un uomo muscoloso che sta cercando di bloccare un getto d’acqua e rappresenta l’impegno e l’ingegno degli uomini che a quel tempo erano riusciti ad incanalare la forza dell’acqua nell’acquedotto. Sul fianco è visibile la linea che rappresenta il percorso tra Cantarana e Asti